Guillem Figueira

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Guillem Figueira

Guillem Figueira, o Guillem o Guilhem Figueira o Figera (fl. 1229-1244), è stato un menestrello e trovatore linguadociano originario di Tolosa, attivo alla corte dell'imperatore Federico II entro il decennio 1230-1240[1]. Stretto collaboratore sia di Aimery de Pégulhan e Guillem Augier Novella,[1] era molto popolare tra le classi inferiori.

Figlio di un sarto a seguito della crociata albigese, esiliato dalla sua terra, trova rifugio in Lombardia, dove continua il suo mestiere alla corte di Federico.[2] In Italia lui e Aimery, un esule collega, contribuiscono a fondare una tradizione trobadorica di lamentazione per i "bei tempi antichi" della Linguadoca prima della crociata.[2] I successori degli esuli nati in Lombardia continuarono a impiegare la lingua occitana. Tuttavia, è solo al tempo di Dante Alighieri che l'italiano diventa veicolo di una sua propria significativa letteratura in volgare.[2]

Nel 1228, Guilhem nega l'efficacia dell'indulgenza della crociata, rimpiangendo la morte del "buon" re Luigi VIII, morto di dissenteria all'assedio di Avignone.[3] La sua opera più famosa, il sirventes contra Roma ("sirventes contro Roma", intitolata in effetti D'un sirventes far en est son que m'agensa), è una forte reprimenda rivolta contro il papato, il cui carattere violento probabilmente è generato dalle circostanze della sua composizione: Guilhem la scrisse mentre si trovava a Tolosa assediato dai crociati, nel 1229.[4][5] Essendo costruito sulla falsariga del famoso inno della Vergine Maria, il sirventese era perciò memorizzabile per le masse.[6] Ecco un passo famoso:

(OC)

«Roma trichairitz,
cobeitatz vos engana
qu'a vostras berbitz
tondetz trop de la lana.
Lo Sans Esperitz,
que receup carn umana,
entenda mos precs
e franha tos becs.
Roma no m'entrecs
car es falsa e trafana
vas nos e vas grecs.[7]

. . .

Roma, als Sarrazis
faitz vos pauc de dampnatge
Mas Grecs e Latis
metetz e carnalatge;
Inz el foc d'abis,
Roma, faitz vostre estatge,
En perdicion.[8]»

(IT)

«Roma traditrice,
la cupidigia ti travia
perché alla tua pecora
tosi troppa lana.
Che lo Spirito Santo
ricevuto in corpo umano
senta le mie preghiere
e rompa le tue zanne.
Roma, tregua non mi dai
perché sei falsa e perfida
verso noi e verso i greci.

. . .

Roma, ai saraceni
tu apporti poco danno,
ma i greci e i latini
li porti al massacro;
nel fuoco dell'inferno,
Roma, hai la tua sede
[mandata] in perdizione.»

Guilhem si scaglia contro il papato non solo per la crociata albigese e il crudele saccheggio di Béziers, ma anche per gli insuccessi della quarta e quinta crociata, per il suo potere temporale e la carenza di morale del clero.[9] Egli asserisce che la cupidigia è il vero motivo delle crociate, immaginando che i "colleghi" cristiani fossero diretti soltanto contro i greci.[4] A Tolosa, il sirventes di Figueira e la sua esecuzione canora venne messo al bando dall'Inquisizione[4][10] sebbene l'inquisizione del 1274, che condannava un cittadino di Tolosa in base al fatto che conoscesse la Roma tricharitz, non si riferisse alla terza stanza del sirventes di Guilhem, ma a un'opera dialettale chiamata La Bibbia.[11] In base al suo linguaggio, come ad es. l'uso dell'espressione matrem fornicationem (madre di fornicazione) per descrivere Roma, anche gli studiosi moderni lo classificano come eretico.[12]

Guilhem fugge in Italia nel 1229 o 1230, dove è libero di criticare il Papato e la crociata in qualsiasi modo desidera, attaccando il papa per la sua crociata contro Federico (il suo nuovo mecenate), e sostenendo la pace nella Cristianità in modo da favorire le crociate in Terrasanta.[13] Nella sua prima opera, Totz hom qui ben comensa e ben fenis, datata al 1215–1220, appoggia la decisione di Federico di prendere la Croce per la terrasanta.[14]

Altri lavori pervenutici di Guilhem sono i sirventesi: Nom laissarai per paor (dopo il 1216), nel quale viene criticata la falsa predicazione della Chiesa, e il Del preveire maior, che incita il papa e l'imperatore a fare pace e a spedire una forza [armata] per salvare la Terrasanta dai corasmici che hanno preso Gerusalemme (1244).[15]

  1. ^ a b Graham-Leigh, 30.
  2. ^ a b c Graham-Leigh, 32.
  3. ^ Throop, 392.
  4. ^ a b c Throop, 383.
  5. ^ Siberry, 7.
  6. ^ Siberry, 9.
  7. ^ Throop, 384 e n1.
  8. ^ Throop, 384 e n2.
  9. ^ Graham-Leigh, 33.
  10. ^ Graham-Leigh, 36.
  11. ^ Siberry, 8.
  12. ^ Throop, 388 n3. Siberry, 7, dice che le sue affermazioni "somigliano" a quelle fatte dagli eretici.
  13. ^ Throop, 398.
  14. ^ Siberry, 65. Il primo verso ("Tutti gli uomini che ben cominciano e ben finiscono") indica che Guilhem enfatizza il fatto che le buone intenzioni di Federico debbano portare a un'effettiva crociata.
  15. ^ Siberry, 163, 180–181.

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